di Vindice Lecis
Carbonia un tempo simbolo del movimento operaio e dei comunisti sardi potrebbe cogliere una inaspettata opportunità. Tornare cioè ad essere amministrata dalle sinistre. Perché dopo il quinquiennio targato 5 Stelle, il partito che fu di Grillo e ora di Conte non ricandida la sindaca uscente Paola Massidda e si presenta in un’alleanza di sinistra e progressista a sostegno di Luca Pizzuto.
Le scelte del Pd preparate da tempo hanno accelerato il fiorire di una situazione nuova e originale. Si può ben dire: per fortuna.
Pizzuto è l’attuale segretario di Articolo 1 (i bersaniani), formazione che rappresenta una parte dei fuoriusciti “da sinistra” dal Pd renziano e che, a sua volta, è attraversato da tendenze di ritorno a casa che la porterebbe ad un inspiegabile dissolvimento nella melassa democristiana di Letta. Questa ambiguità ha determinato la rottura all’interno della pattuglia parlamentare di Leu, creatura effimera, malmostosa e tentennante che si è divisa durante il voto parlamentare sul sostegno a Draghi e al suo governo vicino a Confindustria: Bersani a favore e Fratoianni (Sinistra italiana) contro.
Ma a Carbonia è accaduto qualcosa di diverso: il rifiuto di larga parte di mondo progressista a diventare complice di una – non inaspettata ma fortemente indigesta (e riprovevole moralmente) – svolta a destra-destra del Partito democratico. Questo partito che ha completato pienamente la trasformazione genetica da un pallido laburismo del passato a componente decisiva del partito confindustriale e finanziario, a Carbonia candida a sindaco Pietro Morittu, esponente della corrente cosiddetta popolare riformista (qualsiasi cosa significhi) legato all’onnipotente presidente della Fondazione di Sardegna, l’eterno Antonello Cabras e a Paolo Fadda.
Questo Pd si è circondato di liste civiche cammuffate che nascondono, in realtà, un’alleanza politica altamente tossica: un matrimonio con il Psd’Az a trazione leghista, grazie all’impegno di un fedelissimo del presidente della Regione (Fabio Usai) e persino con l’Udc feudo dell’altro highlander della politica sarda, quel Giorgio Oppi che siede in consiglio regionale da ben otto legislature. Inoltre in alcune di queste liste civiche ci sarebbero, occultati, alcuni simpatizzanti di estrema destra.
Un’intesa conservatrice, opaca, un ritorno indietro, un brutto passo falso.
Luca Pizzuto ha lavorato per costruire un’alleanza progressista senza steccati. Che infatti si può chiamare progressista proprio perché in essa non è presente il Pd che ne avrebbe marcato un indebolimento e un forte arretramento culturale, programmatico e politico. Inedita intesa che rappresenta una sorta di laboratorio: insieme Articolo 1, 5 Stelle, Partito comunista italiano e Partito socialista italiano, appoggiati da Sinistra Italiana e Rosso Mori e da altre personalità progressiste. Per essere chiari: è il segnale che si può raggiungere un accordo tra forze autenticamente di sinistra e progressiste, abbandonando la discriminazione anticomunista figlia di una “sinistra” che è diventata altra cosa da sé, e navigando in mare aperto finalmente senza e contro il Pd e i suoi alleati di destra.
Questa intesa restituisce speranza alle donne e agli uomini di sinistra che non si rassegnano a consegnare una città storica del movimento operaio (con sindaci del calibro di Mistroni e Cocco) a una coalizione nebbiosa o alla destra più estrema. Parla a una città depressa e in crisi ma che ha forti radici e risorse morali. Si rivolge all’elettorato in buona fede del Pd che osserva sconcertato accordi col partito di un presidente regionale (Solinas) scosso da vicende poco chiare e a capo di una giunta nemica dei sardi che a Cagliari vive di rendita in assenza di una forte opposizione.
A Carbonia dunque una scommesa e una novità coraggiosa che cammina sulle gambe di un programma innovativo che ha rimesso al centro il lavoro, la solidarietà sociale, che immagina la città futura ed è ripartito dal confronto con gli abitanti delle frazioni della città (come Bacu Abis, Barbusi, Coroghiana).
Non per tornare al centro-sinistra che ha fallito ma per immaginare intese autenticamente di progresso.
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