di Vindice Lecis
Non parliamo qui di gombloddi, di scie kimike o di microchip sottocutanei. Odio il sarcasmo demolitorio (e subalterno) perché da vecchio togliattiano, cerco di capire la realtà per quella che è. I fatti testardi mi sbattono tutti i giorni sul muso il Movimento 5 stelle che gli ultimi sondaggi (Corsera del 21 marzo) accreditano addirittura al 32,3%. Per questo si parla di loro. I grillini devono abituarsi, anche se a molti di loro dà fastidio, ad essere analizzati, sminuzzati, contestati. Lo dice uno che considera grottesca e ben architettata la macchina del fango che si è mossa contro il sindaco di Roma, Virginia Raggi (che sta dando, comunque, pessima prova di governo al pari di molti sindaci a 5 stelle).
Il Movimento 5 stelle è il risultato delle scelte dissennate di un europeismo senza principi se non quelli della feroce austerità, delle politiche che, da Monti in poi sino a Renzi-Gentiloni, hanno devastato la coesione sociale del Paese minando tutte le conquiste e il livello di civiltà acquisito. Una sorta di autodifesa disperata di larghi strati dell’opinione pubblica. Crescendo a dismisura colonizzando praterie che la sinistra italiana ha da tempo lasciato deserte e incustodite. Ma questo è un problema ben più grande riguardando il declino della sinistra dopo la chiusura del Pci: la caduta dell’egemonia sulla società italiana è stata sostituita dal presidio del giornalone liberal tutto chiacchiere e diritti civili ma cecità su quelli sociali.
Berlusconi diede una risposta da destra alla crisi di Mani Pulite. Occupò quello spazio e diede rappresentanza a chi chiedeva un nuovo inizio e vedeva i partiti come la sentina di tutti i mali, un’immensa cloaca di corruzione. Ci siamo beccati un ciclo di mal governo e degrado ventennale, punteggiato da qualche timida reazione del centro sinistra del quale, però, si ricorderà solo una missione: far entrare l’Italia nell’Euro. Poca cosa e molto controversa, forse nociva. Con Renzi abbiamo avuto invece un berlusconismo con altri mezzi.
La stessa Lega ha incarnato, per un periodo, una sorta di risposta etnico-egoistica alla crisi della politica, raccogliendo gran parte dell’elettorato moderato, conservatore ex Dc interclassista, impaurito da molti fenomeni dell’orrenda globalizzazione. Poi è arrivato Grillo che, con Casaleggio, ha messo in moto una strana macchina. Un arnese che, sfruttando tecnologia e una politica semplificatoria e liquidatoria, ha conquistato proseliti. In nome di una discutibile idea di democrazia telematica ha scelto dirigenti che si sono dimostrati vincenti proprio in quanto illustri sconosciuti. Mentre cresceva nei territori la loro organizzazione, lavoravano in Parlamento, a volte in modo confuso e contraddittorio, mettendo a segno però alcuni punti decisivi: opponendosi a Buona Scuola e Jobs Act e dunque collegandosi al disagio e alla rabbia presente nel Paese.
Gli ingredienti del successo sono: intercettare la delusione del Paese, lo sfarinamento dei tradizionali schieramenti (centrosinistra defunto e centrodestra più marginale), le campagne tambureggianti contro i costi della politica e la cosiddetta kasta. Unendo a questo una concezione dei rapporti interni da controllo poliziesco, da setta autoritaria. Grillo è il sintomo della crisi dei partiti e della loro trasformazioni in forze incancrenite dal personalismo (Berlusconi, Bossi, Salvini, Di Pietro, Vendola, persino Alfano e poi Renzi). Partiti e formazioni che durano il tempo della loro funzione e utilità. Non si capisce se quella del M5S sia quella di governare.
Di certo vanno osservati e guardati senza ostilità preconcetta, cercando di capire che cosa muova questo movimento interclassista e centrista, che, a volte, si configura come una comunità del rancore e, altre volte, come portatore di istanze legittime. Molti a sinistra li guardano come l’ultima spiaggia, nonostante i grillini, al pari del Pd, con la storia della sinistra nulla abbiano a che fare (sull’antifascismo sono addirittura imbarazzanti e assai pericolosi).
Dobbiamo dunque ringraziare il Pd se i grillini, anche candidando una sedia, conquisteranno comuni e Regioni.
ps: chi è riuscito ad arrivare sin qui avrà osservato che mai ho usato il termine populismo, brandito come un’offesa.
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