di Vindice Lecis
“Tutti gli uomini sono intellettuali… ma non tutti gli uomini hanno nella società la funzione di intellettuali (così, perchè può capitare che ognuno in qualche momento si frigga due uova o si cucisca uno strappo della giacca, non si dirà che tutti sono cuochi o sarti)”. Eccolo Antonio Gramsci in un suo Quaderno a venirci in aiuto per capire perché il ruolo degli intellettuali in questi anni sia decaduto e miseramente naufragato sui morbidi lidi dell’acquiescenza con un potere finanziario e politico nemico delle istanze di giustizia sociale.
Esempi? Tanti, troppi se ne potrebbero fare. Dal silenzio sulle guerre al mutismo su Erdogan e le sue ondate di arresti e intimidazioni, dal morbido e comodo politicamente corretto sul terrorismo islamista all’indifferenza sul lavoro. Parliamo anche del sostanziale appoggio di molti (scrittori, registi, cantanti e cantautori e, specialmente, giornalisti editorialisti) disinvoltamente succubi all’involuzione reazionaria del governo Renzi sia sul fronte sociale che su quello egli assetti democratici.
Mi direte: ma Jovanotti e Susanna Tamaro ti tolgono il sonno? E Benigni ti irrita? Il punto non è questo anche se comprendo che per molti il percorso sia stato normale (dal morbido veltronismo paraculo fino alla corte del giovane e arrogante statista di Rignano). Ma consente di capire la deriva del disimpegno, della vicinanza al potere, dello scadimento della funzione.
Un momento. Quale funzione? Ancora il nostro Antonio Gramsci ci aiuta a capire. “Gli intellettuali sono un gruppo sociale autonomo e indipendente, oppure ogni gruppo sociale ha una sua propria categoria specializzata di intellettuali?”. Il problema è che questa nuova categoria di intellettuali, spinta dai vecchi stanchi di aver firmato appelli quando era di moda con un partitone a fare da “intellettuale organico”, ora si è cucito addosso un nuovo abito. Sempre Gramsci: “Gli intellettuali sono i “commessi” del gruppo dominante per l’esercizio delle funzioni subalterne dell’egemonia sociale e del governo politico”.
Intellettuali come commessi? Certamente oggi costoro appaiono avulsi, ormai in gran parte, dal mondo della produzione, dal rapporto col lavoro e i suoi problemi. Li vedi in tv, a dire che “la riforma fa schifo ma voto sì”. Non li hai mai visti al fianco dei lavoratori, dei precari, dei diseredati. Troppo difficile e troppo rischioso. Quanti, si contano sulle dita di una mano, hanno sostenuto la battaglia per impedire la cancellazine dell’Articolo 18? E quanti si sono opposti alla devastzione della scuola pubblica o riflettono sul fatto che stiamo scivolando verso una sanità per ricchi?
Indifferenti, cinici, avidi. Intellettuali – definizione ormai larghissima – che non sentono il dovere di schierarsi per difendere la Costituzione nata dalla Resistenza confermano la separazione tra homo sapiens e homo faber. Li ricordo in prima fila contro Berlusconi e con i giornaloni a fare da artiglieria pesante: no al bavaglio della stampa, all’abolizione dell’Articolo 18, al lodo Alfano, ai condoni fiscali, al perdono per gli speculatori, alle leggi ad personam di Berlusconi. Oggi dormono, accucciati, silenti. Innamorati dal pensiero unico e nemmeno un borborigmo pur rispettoso per Verdini.
Quanto era bello vedere i vari Moretti e soci additare accigliati i dirigenti del centro-sinistra con parole di fuoco: “Con questi non vinceremo mai”. E ora? Molti navigano con orizzonte vista Leopolda, silenti sulla Costituzione, indifferenti agli appelli delle grandi organizzazioni democratiche (Anpi, Cgil, Arci). Folgorati dal renzismo fulmineo nelle sue giravolte e ciechi di fronte ai suoi enormi, evidenti, fallimenti: disoccupazione, precariato, scuola, questione morale. Ormai all’indignazione si è sostituito il supporto. Imbarazzante è stata la cena da Obama con il seguito di due uomini di cinema che vanno per la maggiore.
Finita la stagione dell’impegno ora è stata inaugurata quella del sostegno al potere. Nel Cile di Allende i militanti dei partiti che lo sostenevano dicevano: Gobierno de mierda, gobierno popular. Ecco, il governo Renzi non è nemmeno popular da meritare il silenzio complice di giornali e grandi pensatori.
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