di Vindice Lecis
Il 9 gennaio 1982, la polizia irruppe in un appartamento di via Ugo Pesci a Roma e catturò Giovanni Senzani, capo delle Brigate Rosse. Nel covo vennero trovati missili, granate anticarro, armi leggere, schedari con nomi, indirizzi e abitudini di uomini politici e sindacalisti, piante di ministeri e carceri. E due copie di un video che riprendeva l’“esecuzione” di Roberto Peci, fratello di Patrizio, terrorista pentito.
Tra i documenti ritrovati, alcuni riguardavano la Sardegna. Le Br, tramite la rete di complicità nell’isola, avevano in programma tre azioni eclatanti: compiere un attentato alla sede centrale di Sassari del quotidiano La Nuova Sardegna (come era già accaduto nella metà degli Anni Settanta), colpire il supercarcere dell’Asinara dove erano reclusi importanti esponenti del terrorismo e della criminalità organizzata e, infine, uccidere l’allora segretario della Camera del Lavoro Cgil di Sassari, Renato Cugini (nella foto).
A distanza di 34 anni è stato lo stesso Cugini a rivelarlo pubblicamente e fuoripagina.it lo ha sentito per avere ulteriori dettagli di questa storia sepolta nella riservatezza. “Quando ritrovarono quei documenti – spiega Cugini che, dopo l’esperienza alla Cgil, è stato il segretario della federazione comunista di Sassari e, in seguito, segretario regionale sardeo dei Ds) – ricevetti in Gallura una telefonata dal capo della Digos di Sassari, Cesare Palermi. Mi disse di recarmi in questura per comunicazioni. Io pensai a questioni riguardanti le dure lotte di quel periodo al Petrolchimico di Porto Torres e risposi che ci saremmo visti l’indomani. Palermi con tono perentporio mi ordinò di prendere la macchina e di volare da lui. Andai in piena notte”. In questura ad attendere Cugini c’era anche il segretario della federazione comunista, Billia Pes che gli inquirenti avevano avvertito prima di tutti.
Cugini incontrò i dirigenti della polizia che gli comunicarono il ritrovamento dei documenti brigatisti che lo riguardavano. Da allora e per circa due anni e mezzo fu protetto dalla polizia che lo seguiva ogni qualvolta doveva spostarsi per questioni sindacali o private. Un’auto civetta stazionava davanti alla sede della Cgil e alla sua casa. Il sospetto è che incaricato dell’omcidio avrebbe potuto essere qualcuno della colonna sarda. Questo a conferma della pericolosità delle Br che avevano messo nel mirino in particolare gli uomini del Pci e della Cgil nel periodo di maggior durezza delle lotte operaie del petrolchimico.
Un altro documento fu trovato in altro luogo, successivamente, e nascondeva un inquietante risvolto, a proposito di fiancheggiatori e complici dei terroristi. Si trattava delle fotocopie di una relazione manoscritta del sindaco Dino Dessì (del Pci) a un convegno pubblico del partito sul carcere dell’Asinara e sulla tutela dell’isola. “Indagammo come partito e capimmo – racconta oggi Cugini – che quella relazione, conservata in un cassetto, era stata fotocopiata da una dipendente comunale e consegnata a una donna che faceva parte dell’organizzazione armata”.
Il criminologo Senzani, arrestato nel 1982 dopo una latitanza di due anni, è stato il capo più sanguinario, insieme a Mario Moretti, delle Br. E come per costui, si sono allungate ombre e sospetti di varia natura. Esponente dell’ala dura delle Br fu condannato a due ergastoli per i sequestri Cirillo e D’Urso e per l’omicido di Roberto Peci. Si spartì il bottino del riscatto di Cirillo (assessore Dc della Campania) con la camorra. E’ stato coinvolto come capo della colonna romana delle Br in un processo riguardante l’omicidio Moro. Nel 1999 ottenne la semilibertà. Ha finito di scontare la pena nel 2010. La sua abitazione fiorentina di via della Pisana potrebbe essere stata la cabina di regia della vicenda Moro. Frequentava inoltre la scuola parigina Hyperion, centro di spionaggio e controspionaggio, il sancta santorum dell’ambiguità internazionale.
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