di Vindice Lecis
L’uomo che discusse con Lenin e sfidò il fascismo, comunista e rivoluzionario di professione negli anni di ferro, parlamentare operoso e popolarissimo nella riconquistata democrazia. Il 3 aprile 1897 nasceva a Sassari Luigi Polano, figlio di Giacomo Antonio e Angela Russu. Una figura di notevole valore umano e politico che ha attraversato con impegno e passione il Novecento: dalla lotta contro l’intervento dell’Italia nella Grande Guerra alla militanza nella gioventù socialista (di cui diventerà segretario nazionale) e nella Cgil; dagli incontri con Lenin all’adesione alla mozione comunista sino alla nascita, nel 1921, del Partito comunista d’Italia; dall’elezione a primo segretario nazionale della Fgci al lavoro svolto con assoluta dedizione e disciplina nella costruzione di quel partito. E poi: i primi arresti, le persecuzioni del fascismo, l’attività cospiratoria (detenne probabilmente con la moglie il cifrario segreto del Pcd’I trovato a Genova). Quando espatria a Parigi, diventerà nel 1924 uno dei capi del contro spionaggio antifascista. Sino all’arrivo il 7 giugno 1925 a Mosca e poi a Odessa.
Polano con la moglie Maria Piras, sposata a Sassari nel 1921 (erano dirimpettai in via Rosello), diventa membro dell’Internazionale sindacale con l’incarico di occuparsi dei marittimi. La sua è principalmente attività di lotta antifascista ma anche di assistenza ai rivoluzionari di tutto il mondo che guardano alla Russia dei Soviet. Opera attivamente nel controllo delle infiltrazioni fasciste nelle fila dell’emigrazione italiana in Russia, riuscendo a scoprire, e fare arrestare, diverse spie dell’Ovra. Nel 1926 è il capo dei fuoriusciti italiani a Odessa mentre la polizia italiana dirama l’ordine di arrestarlo alle frontiere. Lo sospettano di essere agente della Gpu, la temibile polizia segreta sovietica, ma è un falso clamoroso. Polano gira incessantemente sul mar Nero e organizza i marittimi: a Novorossisk, Poti, Tuapsè.
Nel 1928 partecipa al VI congresso del Komintern a Mosca. Si occupa anche del Mopr, il Soccorso Rosso per i combattenti della Rivoluzione. Ha i suoi problemi con lo stalinismo negli anni delle terribili purghe, ma è probabile che Palmiro Togliatti, influente dirigente dell’Internazionale, lo abbia tutelato come accadde a gran parte della comunità comunista italiana in Urss. Con Maria corre in Spagna in difesa della Repubblica minacciata dal fascismo. La moglie sarà decorata al valor militare, Luigi organizza gli aiuti tramite le navi. Terminata la guerra civile spagnola diventa responsabile della scuola internazionale per reduci. Nel frattempo Polano – alias Stenio Luigi, alias Piero Caradonna, alias Gino Valesio, alias Stenio Lanfranconi – è ricercato in molte parti del mondo (dagli Usa all’Egitto alla Serbia e subisce arresti (in Francia, in Danimarca nel 1939).
Nel settembre 1941 mentre è in missione segreta in Estremo Oriente, riceve un telegramma di Togliatti che lo convoca a Mosca. Polano torna avventurosamente su un aereo militare mentre i nazisti avanzano in Urss e minacciano la capitale sovietica, dove lavora a Radio Mosca anche la moglie Maria (prima di essere impegnata sul Caucaso con l’Armata Rossa). Il capo del Pci chiede a Polano di diventare la voce radiofonica dell’Italia antifascista. Disciplinatamente lui obbedisce. Per tre anni, sino alla liberazione di Roma nel 1944, Polano interverrà quotidianamente da una radio che trasmette da una località segreta inserendosi, interrompendole, nelle trasmissioni dell’Eiar. In particolare nel Commento ai fatti del giorno del noto commentatore fascista Mario Appelius. Mussolini ordina di far tacere lo Spettro, la Voce della Verità, ma nonostante il lavoro degli apparati di sicurezza del fascismo mai fu scoperto il luogo di trasmissione. E Polano portò il segreto nella tomba.
Tornato in Italia nel 1945, diventa segretario della federazione sassarese del Pci sino al 1949. E stato attivo parlamentare per quattro legislature e presidente dell’Associzione Italia-Rdt. Fino alla sua morte, avvenuta a Sassari il 24 maggio 1984, è a capo della Commissione federale di controllo del Pci.
L’incontro con Lenin. Nel luglio 1920 (aveva 23 anni), partecipa come delegato dell’Internazionale giovanile comunista, di cui è membro dell’esecutivo, al II congresso dell’Internazionale che si tiene a Mosca. Questo il suo racconto dell’incontro. “Ecco: mi trovavo faccia a faccia con Lenin. Per un momento rimasi scosso e confuso. Ma Lenin ruppe subito il silenzio dicendomi, “Come vi trovate a Mosca?”. Risposi: “Benissimo! Sono tanto felice di essere qui nel paese dei Soviet!”… Lenin disse “… Bisogna fare della vostra federazione una grande organizzazione di massa della gioventù”. E poi mi chiese: “Non pensate di cambiare il nome della federazione giovanile da socialista in comunista?”. Risposi che era previsto il cambiamento del nome al prossimo congresso nazionale che si sarebbe tenuto probabilmente nei primi mesi del 1921.
Lenin mi chiese ancora: “Qual è la vostra posizione sulla situazione interna del Psi, pensate che la presenza dei riformisti e degli opportunisti nel Partito socialista possa essere compatibile con l’appartenenza del Psi all’Internazionale comunista, come ha deciso il congresso di Bologna del novembre 1919?” Risposi che i riformisti e gli opportunisti italiani del gruppo Turati, Treves, Modigliani, Dugani, D’Aragona e i loro amici non potevano restare nelle file dell’Internazionale comunista perché le loro posizioni erano in netto contrasto con quelle dell’Ic, pertanto dovevano essere messi fuori dal Psi…
Lenin mi rivolse un’altra domanda: “Fra i giovani socialisti italiani vi sono molti seguaci di Bordiga e della sua frazione nella battaglia che conduce dentro il Psi sostenendo l’astensione del Partito dalle elezioni politiche per il Parlamento?”. Risposi che mentre ero d’accordo con Bordiga per l’espulsione dei riformisti dalle file del partito, consideravo invece un errore l’astensionismo nelle elezioni e speravo che Bordiga rinunciasse a condurre ancora una tale battaglia.
Lenin mi rivolse ancora un’altra domanda: “… Vi occupate di conquistare al Socialismo la gioventù contadina? … Dovetti confessare che non avevamo dato una particolare attenzione alla penetrazione fra la gioventù contadina. Lenin allora m’interruppe per dirmi che era invece necessario proprio dedicare uno sforzo di penetrazione tra le masse della gioventù contadina, giacché la classe operaia nella sua lotta rivoluzionaria per una nuova società deve conquistarsi l’alleanza delle grandi m,asse dei contadini, e particolarmente dei giovani”.
La scissione di Livorno nel 1921. “… Seguendo il mandato dato dal Consiglio nazionale di Genzano al comitato esecutivo, ebbi l’onore di fare la seguente dichiarazione: (come risulta dal resoconto stenografico del congresso) “Polano: Parlo a nome della Federazione giovanile. Compagni! Da 13 anni la Fgsi aderisce al Partito socialista. In questo momento, a nome del comitato centrale della Federazione, io devo dichiarare che, interpretando il voto del nostro ultimo consiglio nazionale, e dietro le risultanze di questo congresso, la Federazione giovanile socialista scioglie ogni impegno col Partito socialista e delibera di seguire le deliberazioni che prenderà la frazione comunista”. Uscimmo pertanto dal teatro Goldoni al canto dell’Internazionale, ci recammo in corteo al Teatro San Marco e qui poco dopo veniva proclamata la nascita del Pci”.
Al III congresso dell’Internazionale. Ritorna a Mosca nel giugno del 1921 per partecipare al III congresso dell’Internazionale comunista che si svolgeva nella sala Alessandro del Cremlino. Qui avvenne un nuovo incontro con il capo della rivoluzione bolscevica. “Lenin si voltò dalla mia parte, mi guardò un momento, mi riconobbe e mi disse, tendendomi la mano, di essere lieto di rivedermi a Mosca. Poi mi chiese come avevano collaborato i giovani comunisti, dopo la scissione di Livorno, per aiutare a costruire il Partito comunista in Italia. Gli dissi che i giovani avevano salutato con entusiasmo la nascita del Partito comunista; gli raccontai di quanto era accaduto al congresso di Firenze e delle decisioni prese di aderire al Partito comunista, del mutamento del nome in Federazione giovanile comunista e che nei mesi successivi moltissimi giovani erano passati al lavoro del partito e si prodigavano per il suo rafforzamento.
“Questo è un bene” disse Lenin; ed aggiunse: “Se il partito comunista avrà la collaborazione delle forze giovani e potrà conquistare nuove leve di giovani esso farà certamente buoni passaio in avanti”.
Le minacce fasciste. Mentre il fascismo avanza con la violenza squadrista, Polano è designato dal Partito come redattore capo del giornale comunista di Trieste Il lavoratore. “Il fascismo già premeva e minacciava direttamente il movimento operaio. E Trieste, feudo del gerarca Francesco Giunta, era un centro importante per i seguaci di Mussolini. Eravamo sottoposti a dure persecuzioni, ad agguati. Gruppi di fascisti passeggiavano di notte davanti alla redazione, in attesa che ne uscissero i redattori per assalirli. Questo avveniva sotto gli occhi della polizia, dichiaratamente complice dei fascisti. Nei giorni della cosiddetta marcia su Roma i fascisti inasprirono la loro offensiva, con il proposito di impedire la pubblicazione del giornale. Un giorno in redazione suonò il telefono. Risposi e sentì una voce che diceva: “Qui parla Francesco Giunta, capo dei fascisti di Trieste. In nome della rivoluzione fascista vi intimiamo di sospendere le pubblicazioni del Lavoratore”. Replicai: “Noi gli ordini li riceviamo soltanto dal Partito comunista” e chiusi la comunicazione. Giunta richiamò poco più tardi ed ebbe la stessa risposta”.
La voce della verità. Sono le 20,20 del 6 ottobre 1941. Va in onda sull’Eiar Il commento ai fatti del giorno, trasmissione radiofonica condotta dal giornalista aretino, Mario Appelius. Una voce s’inserisce, metallica ma chiara. “Italiani, qui parla la voce della verità, la voce dell’Italia libera, la voce dell’Italia antifascista. Ogni sera a questa stessa ora la Voce vi dirà la verità sull’andamento della guerra criminale scatenata da Hitler”. Dopo una pausa: “Sulla complicità del governo e del partito fascista con la guerra di aggressione del nazismo”.
Appelius, che non sente l’interruzione, sta in quel momento affermando che la vittoria dell’Asse è certa. Ma la Voce ribatte: “Non è vero! Bugiardo, tu inganni il popolo italiano. L’Asse non potrà vincere la guerra. Hitler e Mussolini saranno sconfitti… Italiani, bisogna dire no alla guerra fascista, bisogna salvare l’Italia dalla completa rovina, bisogna imporre l’uscita dell’Italia dalla guerra, Italiani non combattete per le imprese di Hitler e Mussolini”
Polano andò avanti per tre anni. Appelius all’inizio fu messo in condizioni di sentire lo Spettro – come venne definito – e accettò un contraddittorio che lo vide però soccombente. Polano lo apostrofò in questo modo: “Appelius, sei un pennivendolo e un ciarlatano al servizio delle cause perdute del fascismo! Intaschi i trenta denari di Giuda per ingannare gli italiani! Tu tradisci il popolo italiano con le tue menzogne”. Le autorità fecero disturbare l’interferenza e misero in scena, per un breve periodo, un finto Spettro così malamente interpretato da essere subito accanonato.
Polano nel 1944 torna a Mosca e collabora ancora col Pci e l’Internazionale. Nel 1945 rientra in Italia. Mai rivelò, nemmeno al segretario del partito Enrico Berlinguer, da dove trasmettesse. Togliatti gli disse – spiegava Polano a quanti insistevano per sapere – “che mai avrei dovuto rivelare in che modo e da dove avrei lanciato le mie trasmissioni. Io a questa consegna ho sempre mantenuto fede”.
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