di Vindice Lecis
“Il prossimo obiettivo è l’Italia” ha annunciato l’Isis sul suo canale Telegram, poche ore dopo la strage di Barcellona. Non è stato il primo avviso minaccioso dei terroristi islamici al nostro Paese e non sarà l’ultimo. Ma sarebbe davvero da incoscienti pensare di derubricarlo con un’alzata di spalle convinti che noi, a differenza di Gran Bretagna, Spagna, Francia, Germania, Belgio e Svezia, abbiamo una sorta di fortunata immunità.
L’Italia vive una singolare situazione: il sistema di intelligence e di sicurezza è più avanti della consapevolezza dell’opinione pubblica. Che vive, infatti, in una situazione di smemorata ansietà, immersa nella convinzione che certi fatti siano lontani da noi. Se è lecito un paragone, si verifica nel nostro Paese una situazione opposta a quello che accadde nella lunga stagione del terrorismo fascista-stragista e dei gruppi criminali di estrema sinistra: in quegli anni difficili il Paese si mobilitò, accanto alle forze politiche democratiche e alle istituzioni contro i terroristi che furono isolati anzititto nella coscienza profonda dei cittadini. E oggi? Contro il terrorismo non bastano sociologismi d’accatto e pietismi giustificazionisti.
La beata incoscienza di chi ritiene di essere immune dal terrorismo dovrebbe infatti inciampare sui dati reali, quelli che confermano invece che l’Italia è ben dentro l’emergenza. Una situazione, sia anche ben chiaro, che prolifera specialmente all’interno di comunità islamiche che non riescono ancora a isolare ed espellere, per ragioni direi strutturali, connaturate alla concezione religiosa oggi dominante rispetto allo spirito laico e politico di un tempo (prima che Arafat morisse, prima che gli israeliani non inventassero Hamas così come gli americani hanno fatto con i talebani e altro ancora). Oggi comandano i salafiti, ben remunerati.
Vediamoli allora questi dati che sono allarmanti anche se per fortuna senza grandi spargimenti di sangue (a parte il criminale Anis Amri autore della strage di Berlino che fece 12 vittime, freddato a Sesto San Giovanni da due agenti). Nel 2016 secondo il Viminale sono stati espulsi 37 islamisti accusati a vario titolo di vicinanza col terrorismo internazionale. Di questi 3 erano imam, capi religiosi fai da te, spesso radicalizzati. Quest’anno, sino ad oggi, sono state già 70 le persone espulse di cui tre imam. Quasi il doppio dunque. Gli estremisti arrestati sono passati da 25 a 30. I mercenari cosiddetti foreign fighters monitorati sono cresciuti da 110 a 125, ci cui 22 sono rientrati in Europa. Le persone controllate sono aumentate in modo incredibile: da 77.691 a 190.909.
Dal 2004 sono state oltre seicento le vittime provocate da azioni terroristiche di matrice islamica sul suolo europeo. Molte di queste cellule sono state annientate, altre restano dormienti mentre si attende un’ondata di rientro in Europa di mercenari islamisti in fuga dai rovesci militari di Daesh in Siria e in Iraq. L’Italia non è immune. Una rete di gruppi, più o meno organizzati e coordinati, sono attivi e operativi. Se scorriamo le notizie di arresti ed espulsioni di questi mesi ci rendiamo conto che il nostro Paese è sorprendentemente infestato da aspiranti terroristi, reclutatori, dormienti, indottrinatori,
L’obiettivo è destabilizzare le aree dove sussitono sistemi sociali diversi, ha detto il generale Fabio Mini. Tuttavia non possiamo lasciare all’intelligence la prerogativa della difesa della convivenza, della sicurezza e del sistema democratico. Serve una collaborazione attiva dell’opinione pubblica, anche nell’individuazione e nella denuncia. La parola d’ordine “io non ho paura” è suggestiva ma l’Isis si fa una grassa risata a vedere striscioni con questa scritta. Quelle sono immagini edulcorate che fanno comodo a istituzioni dormienti e spesso conniventi perché speculare sul terrore a volte fa comodo. Serve ben altro, anzitutto meno acquiescenza e timore dellì’opinione pubblica: i terroristi come pesci si stanano se si toglie l’acqua dove nuotano. Così si fece nel nostro Paese contro Br e neofascisti.
In Italia non siamo ancora immersi in questa situazione ma i dati allarmanti sono anche quelli della Jihad corporation, le casseforti del terrore che arrivano come un fiume sotterraneo attraverso i canali più disparati: dall’hawala – sistema bancario parallelo – fino ai money transfer che sono tra i più pericolisi e di difficile controllo. In Italia operano qualcosa come 35 mila sportelli e le operazioni sospette e monitorate sono state oltre mezzo migliaio. Infine c’è la zona opaca che avvolge Arabia Saudita e Qatar che, ciascuno per proprio conto e in concorrenza, finanziano con petrodollari centri di dubbia matrice nei paesi europei. E anche le istituzioni fanno allegramente affari con loro.
Né cedere al terrore facendosi imbrigliare dalla paura, né ingenuamente sottovalutare questi inquietanti segnali, collegando i terroristi a una presunta volontà di riparare antichi torti che è una sciocchezza terribile. Nessuna sudditanza dunque e nessuna sottovalutazione.
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