La lista unitaria a sinistra e l’ambiguità di chi sogna di riprendersi la “ditta”

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Di Vindice Lecis

Lista unitaria di sinistra in salsa Brancaccio o accrocco di centro-sinistra? Sembrano le solite, eterne, discussioni che da anni (da quando non c’è più il Pci a rappresentare i ceti popolari e le istanze di rinnovamento socialista) paralizzano la “sinistra”. Tuttavia questa volta sembriamo arrivati al bivio e, dunque, vale la pena mettere i piedi nel piatto e parlarci francamente.

Anzitutto, la lista unitaria di cui si parla – insieme a Mdp-Articolo 1 – sarà certamente una “cosa di centro sinistra”. Senza alcun dubbio. La questione non sembri nominalistica ma è vera, reale. Mdp-Art 1 di Bersani e D’Alema sta crescendo nei territori con elementi che se ne vanno dal Pd. Ma che, sino a un minuto prima, hanno accettato, condiviso, votato tutte le scelte operate da Renzi e del suo giglio magico: leggi elettorali, candidati alle amministrative, jobs act, “Salva Italia” e cosiddetta “buona scuola”. Hanno vissuto o subito per anni, quella trasfoprmazione genetica del Pd in un partito di centro, anti popolare e anti costituzionale. Non ho letto e sentito vere e proprie analisi critiche e autocritiche ma solo un chiacchiericcio che non riguarda la natura stessa di che cosa è stato ed è ora il Pd.

La prospettiva indicata da Mpd-Art 1 infatti, era ed è semplicemente quella di rifare il centro sinistra. Più o meno innovativo come voleva Pisapia, incoronato da Bersani da un predellino, e ora tornato ad architettare strategie subalterne con Emma Bonino e Tabacci. Più o meno largo come vogliono altri – persino dal redento Antonio Bassolino, l’operaista appena fresco di non adesione al Pd – ma sempre centro sinistra. Come si può pretendere così di essere percepiti come qualcosa di diverso, di alternativo allo stato di cose presenti? Al massimo si pensa a un piccolo Ulivo, ma con le stesse contraddizioni.

Parliamoci chiaro. La sinistra in questa situazione se vuole davvero presentarsi come la vera novità, deve essere alternativa non solo alla destra e a Grillo ma anche al centro-sinistra. Che è un gigantesco imbroglio politico e programmatico: basti dire che è parte di quel Pse che ha condiviso con conservatori e reazionari la scelta dell’austerità, del pareggio di bilancio, del precariato. Si tratta di una formula salvataggio, per chi non vuole fare sino in fondo i conti con un fallimento. Che è quello del Pd. Speranza e Bersani vogliono rifarlo quel partito, magari meno canagliesco, ma non sognano una nuova forza di sinistra perché desiderano riprendersi la ditta appena Renzi e la sua banda saranno stanchi di sconfitte. Ma questa è una illusione pericolosa.

Post scriptum per gli smemorati e gli ingenui:

Pierluigi Bersani: “Primarie tra Pisapia e Renzi condizione per allearsi con il Pd”. L’ex leader Pd: Rosatellum sbagliato ma non faremo cadere il governo. Ci vuole un nuovo centrosinistra che corregga gli errori passati.

(titolo della Stampa del 23 settembre, poche settimane fa)

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