In Sardegna si vive peggio e si muore più che altrove, negato il diritto alle cure

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di Vindice Lecis

“In estrema sintesi, cosa emerge per la Sardegna da questo Rapporto? Il solito bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto? Le solite luci e ombre? Il solito quadro in chiaro­scuro? Non sembra così. Duecento pagine di analisi dettagliata e rigorosa mostrano, purtroppo, che il bicchiere è quasi vuoto e che le ombre incombono”.

Parole nette e chiare. La Sardegna è al disastro in ogni settore e comparto economico e sociale. Il bicchiere quasi vuoto è il risultato di molti lustri di malgoverno, di legislazioni perdute e di recenti conferme di inettitudine come questa giunta sardista-leghista-meloniana-berluscona. Non sono le flebili voci dell’opposizione a certificare il disastro, ma un rapporto (il trentesimo) realizzato dal Crenos, centro ricerche economiche Nord Sud, che ha analizzato i dati degli ultimi anni, disegnando una situazione gravissima e impietosa.

Nei giorni scorsi gli organi di informazione hanno dato conto di alcuni di questi dati e delle relative polemiche che ne sono seguite. Ma, leggendo il documento integrale, il quadro appare ancora più devastante. E’ il sistema di governo di Solinas e delle forze che lo sostengono (e che hanno stravinto le regionali con il 49% dei suffragi  dopo un quinquiennio di centro sinistra da dimenticare) a venire sonoramente bocciato senza appello.

Certo, esiste una forte interdipendenza con l’economia nazionale ma, spiega il Crenos, “anche la Sardegna procede come una lumaca ed anzi, in seguito alle ripetute crisi economiche, inizia a muoversi come un gambero”. Non sono solo i dati economici e quelli della struttura produttiva a crollare. Stiamo precipitando dentro l’incubo di un’isola dove si vive peggio e si muore di più. I sardi rinunciano a curarsi per  un servizio sanitario pubblico diventato sempre più lontano, inefficiente e incapace di dare risposte.

Brevemente riassumiamo pochi dati sulla Sardegna d’oggi.

  • Il prodotto interno lordo ci colloca al 177esimo posto tra le 242 regioni europee. Ora siamo al 70% della media europea a fronte di un precedente 83%. Perdiamo posizioni, scivoliamo sempre più indietro.
  • La base produttiva negli ultimi cinque anni si è ristretta. La popolazione attiva si è ridotta di 38 mila unità e gli occupati di oltre 7000. Oltre ai 73 mila disoccupati ufficiali vanno aggiunti i 100 mila occupati potenziali che hanno smesso di cercare lavoro per varie ragioni.
  • I giovani laureati sono il 22% contro il 41% nel resto d’Europa.
  • Nel vecchio continente la Sardegna occupa una delle ultime posizioni per numero di giovani che non studiano o lavorano: sono il 18.9%
  • Lo studio Crenos colloca la Sardegna al posto numero 186 su 208 nella definizione di bassa qualità delle istituzioni. La percezione dei sardi è la seguente: alta corruzione, bassa qualità dei servizi, dubbi sulla imparzialità della loro assegnazione.
  • Sono 145 mila le imprese attive e il 96,5 di queste ha meno di dieci addetti. I settori di attività si polarizzano nel commercio (25%) e nell’agricoltura (24%), quindi i servizi (21%). Posizioni di rincalzo nell’edilizia (14%), hotel-ristorazione (9%) e industria al 7%.L’export ha pesato per poco meno 9 miliardi di euro di cui 85,2% riguarda i prodotti petroliferi (grazie a un notevole crescita dei prezzi) e solo l’1,7% dell’industria casearia.
  • Inoltre continuiamo a distruggerla quest’isola: dai dati emerge che tra il 2006 e il 2021 il consumo di suolo è aumentato sia in termini assoluti che pro capite.

In Sardegna si vive peggio. I dati lo confermano.

  • Nel 2022 abbiamo avuto un aumento complessivo della mortalità del 22%, un valore, si legge nello studio, che non ha eguali in Italia: 10 punti più del Sud e 11 più della media nazionale. Un dato che non è causato dalla mortalità Covid che in Sardegna nel 2022 si è attestata al 31% ma da altri fattori.
  • Non si tratta solo dell’invecchiamento della popolazione che comunque è un dato ben netto. I residenti sono ora 1.575.028 (-12.385 rispetto al 2022), con una media di 48,4 anni (nel 2015 era di 45). Ci sono nell’isola 253 anziani ogni 100 giovani. I nati sono stati solo 7695 e i morti 20.524. Gli over 65 sono 414 mila (+18% sul 2014). La speranza di vita è di 84,8 anni per le donne e di 79,6 per gli uomini.
  • Le cause della mortalità così alta, spiega lo studio, sono differenti. Per capire la diminuita speranza di vita alla nascita una delle cause decisive è la minore disponibilità del servizio sanitario nazionale (strutture, personale, prestazioni) e dei servizi di emergenza. “Nel 2020 la Sardegna – denuncia lo studio – sembrava caratterizzarsi per una gestione complessivamente inefficace dei servizi sanitari locali raggiungendo lo status di adempienza solamente nell’area della prevenzione e un punteggio vicino alla soglia (59) nell’area ospedaliera, con un dispendio di risorse superiore alla media nazionale. Inoltre, i dati sulle rinunce evidenziano un contesto in peggioramento, caratterizzato da un elevato numero di individui che non riescono ad accedere alle prestazioni sanitarie”.

Nello studio sono presenti numerosi altri dati che riguardano l’economia, i trasporti, le infrastrutture, le scuole. Tutti procedono in una stessa direzione disegnando una situazione di estrema gravità alla quale non si sta ponendo rimedio.

Ma i fatti sono testardi più della propaganda a reti unificate. E questa giunta di destra ha fallito su tutto, in particolare sulla sanità. Il sospetto attivismo dell’assessore Doria, fedelissimo del presidente e legato al rettore dell’università di Sassari (che, non a caso, ha criticato questo studio) che sta portando in giro come una madonna pellegrina la girandola di progetti faraonici su nuovi ospedali  lasciando andare in malora le strutture esistenti, conferma una certa propensione all’avventurismo nell’uso dei soldi pubblici e alla disattenzione colpevole nei confronti della sanità per i cittadini.

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