Effetto Todde, difetto Truzzu, disastro Soru

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Di Vindice Lecis

Le faccine stralunate della Meloni, il congedo con livore di Soru, Bella ciao cantata da Todde per strada lunedì notte. Ci sono alcune immagini più di altre (come non ricordare anche il mega palco di Cagliari con tutto il governo di destra schierato)  che restano nella memoria di questa campagna elettorale in Sardegna. Estenuante, a tratti violenta, conclusa con la vittoria del cosiddetto Campo largo e della sua candidata Alessandra Todde con la sconfitta dell’uomo invisibile della destra meloniana e la rovinosa caduta di Renato Soru e del suo Tigellino di Macomer.

Alcuni elementi di riflessione.

  • Metà dei sardi continua a non recarsi alle urne. Lo vedono tutti e sembra diventata una giaculatoria: è un problema enorme, che toglie ossigeno alla democrazia. Credo che la responsabilità sia da addebitarsi alla sparizione dei grandi partiti di massa, al trasformismo dei singoli, alla corruzione crescente. In una parola, al personalismo della politica che trasforma un diritto in un favore, una legittima richiesta in uno scambio.
  • Il valore aggiunto di queste elezioni è stata Alessandra Todde. Donna, di sinistra, non del Pd. Che, infatti, nella sua maggioranza in Sardegna – ancora assai moderata se non filo renziana è bene ricordarlo – vive una sorta di disprezzo verso i 5 stelle accusati di populismo, come se a Roma non abbiano governato insieme. Todde è la migliore dei suoi: non è un mistero che anche nei 5 Stelle non tutti la volessero come candidata. Invece si è caratterizzata come la carta vincente: ha ottenuto 330.619 voti e il 45.3%, qualcosa come quarantamila voti in più della sua coalizione. Durante la campagna elettorale è cresciuta molto nella comunicazione, nella capacità di ascolto. E ha avuto ragione lei, riuscendo a fungere da collante di un Campo largo pieno di partiti, movimenti e anche gruppi.
  • Sbaglierebbe pertanto chi appendesse la vittoria al chiodo delle sole dinamiche nazionali. E’ anzitutto una vittoria sarda il cui significato va oltre Tirreno. E’ un voto di Rinascita, di svolta. E anche contro una destra che in Sardegna ha fatto carne di porco della vita, della salute, dei diritti dei suoi abitanti. Un argine contro un governo pericoloso come quello di Meloni. I sardi hanno unito queste esigenze. E sono ora un esempio per tutto il mondo democratico e progressista e di sinistra italiano.
  • Todde da sola non basta però a imprimere una svolta. La sua coalizione deve continuare ad essere sufficientemente coesa e disciplinata a cominciare dalla formazione della giunta e dal mantenimento dei principali impegni. Conteranno molto i cento giorni di governo. Cominci sulla sanità e, sulle questioni generali, stracci il parere favorevole della giunta Solinas all’autonomia differenziata.
  • Il Campo Largo ha un partito guida? Credo di no perché il Pd col 13,8% non può certo rivendicare questo ruolo. I Cinque stelle inoltre cominciano a stabilizzarsi nel voto amministrativo ma devono fare i conti con un 7,8% non esaltante. Potrebbe essere la sinistra autonomistica a giocare invece un ruolo importante, a patto di non perdere coscienza di sé e della sua funzione. Rosso Verdi (4,7%), Progressisti (3%), Sinistra futura (3%) insieme sono una forza considerevole di circa 73 mila voti e oltre il 10%. La scommessa sarà il grado di coesione e di non subalternità al partito più grosso.
  • Truzzu è stato scelto perché Meloni nel risiko interno alla destra voleva fare il colpo grosso. La sua candidatura è stata invece un disastro sancita dal bagno di sangue cagliaritano, dai risultati di Sassari, Nuoro, Porto Torres, Quartu, Carbonia, Iglesias, Macomer. Le sue liste hanno preso più voti di lui. La destra comunque conferma un notevole radicamento nelle bianche Vandee sarde della Gallura – una prateria antropologica e politica da studiare – dell’Oristanese e anche dell’Ogliastra (con sorprendenti casi anche nel Sulcis e in Barbagia). Si caratterizza comunque in linea generale come uno schieramento che è trainato dai suoi big che fondano partiti personalistici e fanno man bassa di preferenze. Fratelli d’Italia – secondo partito sardo dopo il Pd – guarda dall’alto i suoi alleati tra cui spicca il 7,1% dei Riformatori, portato in alto in alcune zone da uomini-clientela. E gli altri? La Lega ritorna ad essere un partito sotto il 4%, i sardisti escono malconci e screditati.
  • Soru è l’altro sconfitto. Anzi è lo sconfitto. La sua candidatura, preparata da tempo (altro che primarie richieste) doveva essere la gioiosa macchina da guerra per far fallire il centro-sinistra o Campo largo che dir si voglia. Un po’ di fuffa sardisteggiante che si mette su ogni cosa, alleanze spregiudicate su ogni latitudine (da Calenda a Renzi, da Rifondazione agli indipendentisti sino a + Europa) e poi grazie alle cure interessate del Tigellino del Marghine una linea aggressiva, livida, minacciosa, gonfia di rancore e lanciatrice di accuse e di lamentazioni vittimistiche. Contro la stampa, in particolare, ma non solo. E poi, troppe vicende anche giudiziarie in ballo. Soru si è svegliato strappando come primo atto i sondaggi favorevoli fasulli che qualcuno gli aveva confezionato. L’8,7% per lui è una Caporetto: non entra in consiglio e nemmeno nessuna della liste che lo sostenevano. Anche il suo Progetto Sardegna, popolato di ex Pd, non va bene. Le percentuali sono nettamente insufficienti e non sono da considerarsi nemmeno come il goal della bandiera. Vanno male i centristi, gli indipendentisti non trainano. 
  • Discorso a parte merita Rifondazione Comunista. Che mantiene a fatica i voti di Sinistra Sarda del 2019 e che resta un mistero. Scegliere un “padrone” e trovarsi alleati guerrafondai e atlantisti francamente indigeribili per un qualsiasi uomo o donna di sinistra come i renziani, quelli di Calenda o gli iper liberisti di + Europa è incomprensibile. Il segretario nazionale Acerbo (che nel 2019 poche ore dopo il voto liquidò Sinistra Sarda), e quello locale Lai dovrebbero rassegnare le dimissioni per questo errore gigantesco. Pensavano di fare un dispetto al Pd e invece lo hanno fatto alla coscienza antifascista che ha travolto le loro modeste paturnie autoreferenziali.
  • Servirebbe invece la ripresa di una rete sarda dei comunisti senza settarismi. Capace di progetto e dialogo. Chissà…
  • Infine da rendere onore a Lucia Chessa con la sua lista autonomista e ai temi che ha portato avanti. Ma occorre ormai tenere conto che le alleanze diventano indispensabili.

E ora la Todde, in autonomia, tenendosi alla larga di cacicchi e capi bastone ma navigando sull’onda della gente per bene che l’ha votata dia subito segnali di cambiamento (in agenda la riforma della legge elettorale). Al lavoro e alla lotta.

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